Venite con noi a scoprire come nascono i nostri formaggi… (prima parte)
I nostri casari non amano farsi notare. Escono di casa silenziosi, quando tutto è buio, e mentre noi siamo ancora alle prese con il sonno profondo, loro sono già accanto alle caldaie pronti ad agire, in perfetta sincronia con la musica che accompagna la nascita del formaggio. È una musica che conoscono a memoria e che hanno nelle orecchie prima ancora che venga suonata. Perché loro sono come direttori d’orchestra che sanno esattamente come e quando far suonare ogni strumento. Nella loro squadra di collaboratori tutti conoscono bene il proprio compito e nessuno perde di vista lo sguardo esperto del maestro. Basta quello, non serve seguire il tic-tac di un metronomo. E così, grazie a questa straordinaria armonia di gesti, precisi e puntuali, i nostri formaggi risuonano ai nostri sensi come sinfonie di sapori straordinarie e perfettamente intonate, anche se, ogni volta, un po’ diverse. Come è naturale che sia per un prodotto artigianale.
Dalla stalla al caseificio
Ma volete sapere da dove inizia questa musica meravigliosa? Dall’erba, prima di tutto. Perché la qualità e la varietà biologica dei pascoli sono un vero e proprio patrimonio naturale di Primiero. Dopodiché la musica continua nelle stalle, dove noi del Caseificio siamo praticamente di casa. Sono più di 40 anni infatti che lavoriamo accanto agli allevatori della nostra comunità, condividendo con loro un progetto di qualità che comprende formazione, aggiornamenti con esperti, assistenza tecnica e veterinaria, gestione accurata di tutto l’aspetto igienico-
sanitario, monitoraggio del benessere delle vacche e ripristino continuo della biodiversità del pascolo e del fieno. Le stalle – e le malghe nel periodo estivo – sono l’incubatrice della nostra materia prima. La miniera da cui proviene tutti i giorni, due volte al giorno, il nostro oro caseario. Lo preleviamo con due camion dotati di cisterne isolate che conservano il latte alla temperatura costante di 12/13 °C, ottimale per la conservazione della flora batterica. I nostri camion, puntuali come orologi, rientrano poi al Caseificio e qui il latte viene lavorato entro le 24 ore. Avete mai assistito alla creazione di un formaggio? Bene, se ancora non l’avete fatto ci pensiamo noi a raccontarvelo in tre puntate. Seguite con noi il profumo del latte…
La preparazione e la coagulazione
Entrando nel nostro Caseificio il latte prende tre direzioni diverse. Una parte viene indirizzata verso la produzione di formaggi a latte crudo. Una seconda viene destinata alla produzione di Trentingrana. Una terza va alla produzione di formaggi pastorizzati (fra i quali c’è anche la nostra mitica Tosèla). Nelle prime ore dopo il suo arrivo tutto il latte destinato ad essere parzialmente scremato (il Trentingrana e formaggi come il Mezzano) viene lasciato in sosta in apposite bacinelle per l’affioramento del grasso a temperatura
ambiente. Tutto il restante latte va invece nei tank di stoccaggio. Inizia poi la lavorazione vera e propria: il latte viene versato nelle caldaie, dove viene riscaldato alla temperatura di coagulazione adatta al formaggio che si vuole ottenere (la temperatura media ottimale è di 34 °C). Vengono aggiunti quindi i fermenti che servono per aumentare la carica batterica “buona”. Nel caso del Primiero si utilizza il lattoinnesto e nel caso del Trentingrana il sieroinnesto. Ci teniamo a sottolineare che ambedue sono autoctoni, cioè del nostro territorio, così come lo sono l’erba, il fieno, il latte e soprattutto le vacche! Successivamente viene immesso nelle caldaie il secondo ingrediente fondamentale del formaggio (dopo il latte), ovvero il caglio. Si tratta di enzimi che hanno la capacità di scindere in molti frammenti la caseina del latte e di far coagulare le parti grasse, separandole dal siero tramite un processo che si chiama sineresi. Si forma così una massa gelatinosa detta cagliata.
Il taglio della cagliata e la cottura
E qui ci vuole tutta l’esperienza dei nostri casari, che sapendo quale formaggio si va a produrre, decidono quando la cagliata raggiunge la giusta consistenza. In quel preciso momento, quando cioè i casari dicono “ci siamo”, si procede con il taglio, che viene effettuato da mani e occhi molto esperti per mezzo dello spino o anche attraverso le lame affilate della caldaia polivalente (la usiamo ad esempio per il Primiero, a riprova del fatto che per noi la tecnologia può supportare benissimo
l’artigianalità). Tanto più si sminuzza finemente la cagliata quanto più siero ne esce, con la conseguenza che la consistenza finale del formaggio sarà maggiore. Per i formaggi a pasta molle la cagliata viene tagliata in frammenti grandi una noce. Per i formaggi a pasta semidura viene tagliata in frammenti della dimensione di una nocciola. Per i formaggi a pasta dura viene tagliata in frammenti piccoli come un chicco di riso. Conclusa la fase del taglio, la massa viene sottoposta a un trattamento termico che ha lo scopo di spurgare e far asciugare la pasta (i formaggi come la Tosèla però non vengono sottoposti a nessun riscaldamento). Questo trattamento si definisce semicottura, se rimane al di sotto dei 45-46 °C, e cottura se sale oltre. È il caso del Primiero, che viene cotto a 46-48°C e del Trentingrana, che arriva a 50-55°C.
Lo spurgo, la messa in fascera e la pressatura
La prima puntata del nostro racconto sulla nascita del formaggio si conclude con l’estrazione della pasta dalla caldaia, indipendentemente dal fatto che si tratti di formaggi a pasta molle o a pasta dura. I metodi sono tanti, dall’estrazione manuale con secchi a quella con teli, oppure con caduta dalle polivalenti. Anche questo passaggio richiede molta pratica e grande abilità! Il casaro deve saper riconoscere il momento opportuno per riempire gli stampi
– ovvero le fascere - con la cagliata separata dal siero e deve farlo con precisione e velocità. Questo ci fa capire quante variabili entrino in gioco nella creazione di ogni formaggio artigianale, quanto importante sia l’esperienza dell’uomo e come sia possibile che esistano così tanti tipi di formaggio, frutto di piccole differenze all’interno di uno stesso processo di lavorazione. Successivamente seguono le fasi di sgocciolamento, rivoltamento e pressatura, che riguardano in particolare i formaggi a pasta semidura o dura. Chiude il ciclo la sostituzione della fascera neutra con la fascera marchiante, quella che imprime il nome del formaggio sulla crosta.
Il latte, quand’è ancora nella mammella, è perfettamente sterile. Venendo a contatto con l’esterno la sua condizione muta, assumendo caratteristiche microbiologiche che tornano utili alla caseificazione. Per determinati formaggi (soprattutto i freschi) risulta più conveniente effettuare il trattamento termico della pastorizzazione, che serve ad abbattere l’eventuale carica batterica patogena. Ma è con la lavorazione a latte crudo che si ha l’opportunità di avere un formaggio in grado di esprimere al meglio i profumi e i sentori propri del prodotto di maggiore pregio. Il 73% della lavorazione del Caseificio di Primiero è a latte crudo e solo il 27% è con latte pastorizzato. Il nostro impegno quindi è di difendere questa elevata percentuale presidiando quotidianamente il livello igienico-sanitario di tutta la filiera e portando avanti un progetto di lavorazione artigianale fortemente innovativo. Alla prossima puntata!
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