Breve viaggio nella storia del formaggio
Lo studio della storia con la esse maiuscola evoca scenari di battaglie, imprese epiche, conquiste e invenzioni, con il consueto corredo di teste coronate, grandi condottieri e illustri pensatori. Ma ci sono altri modi di raccontare la storia, come ci hanno insegnato gli studiosi della Nouvelle Histoire. È la storia che prende in considerazione anche la vita ordinaria, i problemi della gente semplice e tutto ciò che è servito a sfamarla nel corso del tempo. Il formaggio, in questa storia, ha sempre avuto grande importanza. Fin dalle epoche più remote.
Le origini più lontane
La nostra storia non può che partire dal racconto mitico di Omero, che nell’Odissea ci parla della preparazione del formaggio da parte di Polifemo. Passando alla storia documentata, vediamo che le prime tracce di allevamento ovino e caprino sono state trovate in Asia e risalgono tra il 6.000 e l’8000 a.C. Possiamo immaginare che qualcuno, un bel giorno, notò che il latte coagulava spontaneamente associato al lattice di fico. A sua volta, la parte solida si divideva in liquido (siero) e pasta (cagliata), la quale aumentava di consistenza fino a
prendere la forma del contenitore. L’acidificazione a opera della microflora microbica, dunque, è sicuramente la prima trasformazione del latte praticata nei tempi antichi.
I primi documenti storici
Il documento più antico che conferma la pratica di ricavare formaggio dal latte risale a reperti di origine mesopotamica del III millennio a.C. Sono i primi documenti che mostrano le fasi di lavorazione del formaggio: in particolare il “Fregio della latteria” rappresenta dei sacerdoti sumeri nell’operazione di mungitura. Testimonianze dell’uso del formaggio si hanno in tutto il mondo antico: in Europa, in Africa e in Asia.
Nel IV secolo a.C. Ippocrate parla delle caratteristiche salutari del formaggio. Mentre Aristotele descrive per primo il metodo per ottenere formaggio dal coagulante di fico.
Il formaggio all’epoca di Roma
Anche i Romani erano produttori e consumatori di formaggio. Oltre al latte ovino, cominciarono ad adoperare anche quello di vacca e appresero come stagionarli. Nel II secolo a.C. Marco Terenzio Varrone illustra i principali tipi di formaggi consumati e, nel De rustica, documenta come il gusto dell’epoca fosse rivolto ai formaggi ottenuti con il caglio di lepre o capretto, anziché di agnello. Arrivarono a
utilizzare anche lo zafferano e l’aceto. Inoltre, per accelerare la stagionatura dei formaggi, li misero sotto pressione con dei pesi forati (pressatura).
Il consumo medievale
Nel Medioevo il formaggio era considerato cibo per poveri, ma successivamente venne rivalutato, e questa pietanza sostituì la carne nei giorni di astinenza infrasettimanale, di Vigilia e Quaresima. In quei secoli, in Italia, i formaggi più diffusi erano fondamentalmente due: il Marzolino, di origine toscana, chiamato così perché prodotto a marzo, e il Parmigiano, delle regioni cisalpine, detto anche “maggengo”, perché prodotto in maggio. Nelle centinaia di monasteri benedettini sparsi in tutta Europa, i monaci medievali sperimentavano all’infinito con diversi tipi di latte, pratiche
casearie e processi di maturazione che portarono a molti dei formaggi popolari di oggi.
Il formaggio promosso sulle grandi tavole
A partire dal Trecento il formaggio iniziò a comparire nei ricettari di cucina. Dapprima come ingrediente di vivande elaborate, in seguito con peso maggiore, tanto da essere servito come pietanza alla mensa dei papi e ai matrimoni della famiglia più illustri. La rivoluzione industriale portò la produzione tra i macchinari e oggi, secondo i dati della FAO, si producono circa 22-24 miliardi di chilogrammi di formaggio all’anno, spedito e consumato in tutto il mondo. Ma a 10.000 anni dalla sua invenzione, i caseifici artigianali seguono ancora le orme dei loro antenati neolitici, creando a mano uno dei cibi più antichi e preferiti dell’umanità.
Fonti:
formaggio.it
georgofili.it
treccani.it
ruminantia.it
wikipedia.org
progettoforme.eu
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