Riprendiamo il discorso sulla preparazione dei nostri formaggi: la fase della salatura
Parlando del formaggio non possiamo non parlare del sale, ovvero del comunissimo cloruro di sodio con cui saliamo la pasta e molte altre pietanze. La scoperta del sale avvenne circa 10.000 anni fa, nel Neolitico, quando l’uomo stava passando da uno stile di vita basato sulla caccia e sulla raccolta ad uno stile più sedentario, basato sull’agricoltura e sull’allevamento. Ben presto questo nostro lontano antenato si rese conto di aver bisogno di accumulare riserve di cibo per lunghi periodi di tempo. E così, accortosi che con il sale anche la carne e il pesce potevano durare molto di più, iniziò ad usarlo come conservante. Poi, un bel giorno, un anonimo allevatore scoprì casualmente che il latte cagliato presente negli stomaci di un capretto macellato aveva un buon sapore e, successivamente, altri allevatori dotati di spirito di iniziativa cominciarono a sperimentare le prime produzioni di cagliata. Infine qualcuno pensò al sale divenendo, così ci piace pensare, il primo casaro della storia.
Perché da pochi ingredienti nasce una varietà così ampia di formaggi
Come già abbiamo visto, per produrre il formaggio servono latte, caglio e sale. Con questi ingredienti si creano innumerevoli varietà di formaggi, con caratteristiche sensoriali, aspetto esteriore e consistenza della pasta sempre diversi. La composizione chimica del formaggio rispecchia quella del latte di partenza, in particolare riguardo al contenuto di grassi e di proteine, ma in prevalenza la “diversità” di ogni formaggio
dipende da tre fattori: la qualità della flora microbica, i procedimenti di lavorazione e il grado di stagionatura. Il formaggio infatti è il risultato di due fondamentali trasformazioni del latte: una enzimatica, ottenuta attraverso il caglio, e una fermentante, generata dai microrganismi lattici. Anche se le varietà dei formaggi sono numerosissime, il principio di caseificazione è sempre lo stesso e comprende queste fasi: preparazione del latte, coagulazione, rottura della cagliata, cottura, estrazione della cagliata, messa in forma, salatura e maturazione. Dopo aver visto nell’articolo del 28 febbraio scorso il processo che va dalla preparazione del latte alla messa in forma della pasta, oggi ci concentriamo sulla fase della salatura.
Quattro buone ragioni che ci dimostrano perché la salatura è importante
Ci sono più ragioni per le quali la salatura è indispensabile nella produzione del formaggio. La prima riguarda il gusto: il sale dona sapore ed esalta la sapidità del formaggio. La seconda ha a che fare con lo spurgo: la salatura favorisce il drenaggio dell’acqua ancora contenuta nella pasta, assicurando il mantenimento della consistenza desiderata. Si verifica attraverso una specie di scambio – detto osmotico – che prevede la fuoriuscita di siero (acqua,
lattosio, acido lattico e proteine solubili) e l’entrata di sale. Una terza ragione consiste nel fatto che il sale aiuta a formare e consolidare la crosta, la quale svolge un ruolo protettivo contro agenti esterni e contro eventuali perdite eccessive di umidità durante la stagionatura. Un’ultima ragione è che il sale ha un effetto regolatore nei confronti dei diversi batteri presenti nel formaggio (compresi i batteri lattici).
I tre diversi tipi di salatura che possono essere effettuati
In generale ci sono tre tipi di salatura del formaggio: quella con immersione in salamoia, quella con salatura in pasta e quella con salatura a secco. La salatura in salamoia consiste nell’immergere il formaggio in acqua contenente cloruro di sodio. La salatura in pasta si realizza aprendo il fagotto che contiene la cagliata e versando il suo contenuto su di un tavolo per impastarlo con il sale. Man mano che si sala, il siero fuoriesce. La salatura a secco è il metodo più antico e prevede l’applicazione
del sale sulla superficie esterna del formaggio e la sua diffusione all’interno mediante un massaggio energico. Nel Caseificio di Primiero utilizziamo quasi esclusivamente la prima tecnica, con l’unica eccezione del Rosetta che viene salato anche in pasta.
Ogni formaggio deve restare in immersione per un tempo ben definito
La salina è una vasca piena di acqua potabile e cloruro di sodio, e viene detta anche salamoia. Il sale non viene buttato direttamente dentro alla vasca ma viene inserito, in percentuale controllata, in un apposito contenitore che lo rilascia gradualmente. La percentuale di salatura dell’acqua è del 25% per il Trentingrana e del 20% per tutti gli altri formaggi. In base al tipo di formaggio che si deve salare, e in base anche alla grandezza della forma,
l’immersione in salina dura per più o meno tempo. Fior di Primiero, Dolomiti e Dolomiti ai fiori e alle erbe ci restano 4 ore. I formaggi di capra ci restano circa 5 ore. Rettangoloso e L’arin 16 ore. Fontal, Rosetta, Colverde e Latteria 2 giorni. Primiero, Puzzone di Moena e Mezzano 3 giorni. Molto più lunga è l’immersione del Trentingrana. Dopo aver sostato su tavole per 2 giorni con frequenti rivoltamenti, le forme vengono lasciate in salina per 22 giorni. Poi vengono tolte e portate nella camera calda per 1 giorno intero. La camera calda è un ambiente riscaldato, in cui entra il carrello con le forme di Trentingrana. All’interno c’è una fonte di calore che mantiene la temperatura costante di 26 °C per un giorno intero facendo sì che il formaggio si asciughi, chiudendo bene i pori. Dopo il passaggio in camera calda le forme vengono appoggiate sulle scalere dove inizia la stagionatura.
Dopo la salatura inizia il periodo della maturazione
Dopo la salina i formaggi passano alla fase della maturazione. Il Trentingrana, il Primiero, il Fontal, Il Rosetta, il Colverde, il Latteria e il Dolomiti vanno nei magazzini di stagionatura dove periodicamente vengono rivoltati. Sono ambienti in cui la temperatura è abbastanza bassa, ma variabile da formaggio a formaggio. II Rettangoloso e il L’Arin vengono invece messi a maturare nei carrelli. Poi, appena si asciugano, vengono messi sottovuoto in modo che la crosta risulti edibile. Anche il Fior di Primiero e il
Dolomiti ai fiori e alle erbe vengono messi nei carrelli, perché hanno una maturazione veloce e vengono portati in vendita nel giro di pochi giorni.
Siamo alle battute finali dell’articolo ma ci rimane ancora un’ultima fase da trattare, quella della maturazione o stagionatura. Ve ne parleremo prossimamente, nel secondo articolo del mese di ottobre, nel quale vi spiegheremo anche, entrando un po’ più nel dettaglio, quali sono i tipi di crosta del formaggio. Un po’ ne abbiamo già accennato: crosta fiorita, crosta lavata, crosta edibile… Ve ne ricordate? Nel frattempo non perdetevi i prossimi articoli. Oltre a presentarvi i nostri prelibati prodotti, vi parleremo di una delle maggiori attrazioni del nostro territorio, del valore salutistico del latte d’alpeggio e perché è così importante la definizione “latte crudo” che trovate in alcuni nostri formaggi.
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