Storie di Latte

Il blog del Primiero


Uno studio di Slow Food dimostra che i formaggi d’alpeggio sono più ricchi di omega-3

Per chi, come noi, considera la salubrità dei propri prodotti una vera e propria “missione”, le indicazioni che arrivano della medicina e della scienza godono sempre della massima considerazione. Per questo siamo molto sensibili al tema dei grassi contenuti nel latte e nei suoi derivati. Una dieta equilibrata si deve avvalere per forza di cose dell’apporto di grassi: dipende però di quali grassi si parla e ovviamente in che misura. Qui oggi vi vogliamo parlare di quanto sta emergendo da uno studio sui prati stabili commissionato recentemente da Slow Food - e condotto anche sui nostri formaggi - nel quale si evidenzia in modo molto netto che, quando le vacche si nutrono al pascolo oppure con fieno sfalciato da prato polifita, il formaggio ricavato dal loro latte ha un valore nutrizionale decisamente più elevato e, soprattutto, contiene omega-6 e omega-3 nella proporzione ottimale per il nostro organismo.

Cosa sono gli omega-6 e gli omega-3

Apriamo subito una parentesi per spiegare, a chi non ne avesse ancora un’idea precisa, cosa sono questi benedetti omega di cui si parla tanto. Gli omega-6 e gli omega-3 sono acidi grassi essenziali ovvero due tipologie di lipidi assolutamente necessari che dobbiamo assumere tramite gli alimenti, perché il nostro organismo ne ha bisogno ma non è in grado di auto-produrli. Nella nostra dieta fra questi due acidi grassi dovrebbe mantenersi un rapporto ben preciso che, nei fatti, la cultura occidentale puntualmente disattende, a favore degli omega-6. Questo rapporto, variabile a seconda dell’età, dovrebbe essere inferiore o pari a 4. Ovvero ogni quattro grammi di omega-6 bisognerebbe consumare almeno un grammo di omega-3. È da questo equilibrio, infatti, che dipende la regolazione degli ormoni “pro infiammatori” o “anti infiammatori”, entrambi funzionali alla salute delle membrane cellulari.

Prato polifita, ph: Caseificio di Primiero

La valorizzazione del prato stabile e del pascolo

L’idea di questo studio è nata dopo l’edizione del 2021 dell’importante fiera Cheese di Bra. Va detto innanzi tutto che il tema dei prati stabili (o polifiti) e dei pascoli è nelle corde di Slow Food da molto tempo, perché è in totale sintonia con la filosofia di produrre in armonia con l’ambiente e gli ecosistemi, grazie ai saperi di cui sono custodi territori e tradizioni locali. Adesso però si vuole andare oltre, perché l’obiettivo è promuovere un’ulteriore valorizzazione del prato stabile e dell’alpeggio. Scopo dello studio è dunque di dimostrare, dati alla mano, che esiste una 

grande differenza tra un’alimentazione basata sulla biodiversità dei prati e dei pascoli e una basata su terreni e/o fieni con poche essenze vegetali. La differenza sensoriale, quella che si sperimenta all’assaggio, è ben nota. Quella chimica invece aveva bisogno di qualche conferma. E le conferme, puntualmente, sono arrivate. Nei formaggi d’alpeggio analizzati, infatti, l’equilibrio tra omega-6 e omega-3 è di poco inferiore a 4. Quindi ottimale.

Differenze sensoriali e differenze chimiche

Il formaggio da latte d’alpeggio, come anche da fieno di prato polifita, è decisamente più buono, più profumato e più gustoso. Quando la vacca mangia diverse tipologie di piante, ciascuna di queste ha degli odori e degli aromi diversi, che si trasferiscono al sangue, al latte e quindi al formaggio. In bocca non sento una sola nota vegetale, ne sento tante. In alcuni casi posso arrivare a dire: sento l’erba cipollina! Possibile? Certo, perché le vacche al pascolo, dove si nutrono esclusivamente di erbe e fiori di montagna, 

Trentingrana, ph: Caseificio di Primiero

hanno mangiato in un luogo in cui c’erano delle essenze agliacee e quindi le hanno trasferite anche al latte e poi al formaggio. La cosa più interessante dei formaggi d’alpeggio e di quelli “grass fed” (provenienti da vacche alimentate con fieno di prato polifita) è che sono molto più ricchi di acidi grassi insaturi, ovvero di elementi nobili da un punto di vista nutrizionale, e presentano un’alta percentuale di grassi cosiddetti “buoni”. Nei formaggi d’alpeggio, in particolare, la quantità di acidi grassi insaturi è il 60% contro il 40% di acidi grassi saturi, mentre i prodotti da allevamento intensivo, se tutto va bene, hanno il 70% di grassi saturi e il 30% di grassi insaturi.

Botìro, ph: Caseificio di Primiero

Vivere meglio assumendo solo grassi naturali

Ma veniamo agli esempi pratici. Alcune brioche che mangiamo la mattina al bar sono fatte con grassi idrogenati, cioè modificati nella loro struttura. E come loro, tantissimi altri alimenti confezionati che consumiamo quotidianamente contengono grassi che facciamo fatica ad utilizzare. In un certo senso sono alimenti tossici per la nostra salute perché ci possono creare vari problemi dal punto di vista del benessere psicofisico. Certo, non moriremo perché la 

mattina a colazione mangiamo certe brioche… Però sicuramente i grassi idrogenati, uniti a tutta una serie di altri alimenti elaborati che entrano nella nostra alimentazione, alla lunga non ci fanno bene. Una fetta di pane con burro e marmellata, invece, è molto più salutare! Perché il burro è nella nostra alimentazione da migliaia di anni e abbiamo sviluppato tutti gli enzimi necessari per digerirlo. Mentre i grassi idrogenati no.

L’impronta del territorio in tutti i nostri formaggi

C’è un altro aspetto, di grande interesse, che ci piace aggiungere a quanto emerso dallo studio condotto da Slow Food per rafforzare il concetto che i nostri formaggi hanno un qualcosa di “unico”. Come già sapete, nel nostro caseificio utilizziamo prevalentemente lattoinnesto prodotto nelle nostre fermentiere. Questo significa che il Puzzone di Moena prodotto da noi è diverso, nella sua composizione microbiologica, da quello prodotto ad esempio dal Caseificio di Predazzo e Moena. La ragione è che ogni 

Puzzone di Moena, ph: Caseificio di Primiero

caseificio ha i suoi fermenti, che sono in larga misura unici. I batteri che danno vita ai nostri formaggi, in pratica, sono come un’impronta digitale, legata al territorio, che rimane impressa nel prodotto finale. Questo, unito al fatto che produciamo esclusivamente con il latte delle vacche che d’inverno si nutrono con un fieno ricco di essenze vegetali e d’estate con le erbe e i fiori dei nostri pascoli ben gestiti, porta a quei risultati che bene conoscete: l’alta qualità dei nostri formaggi!

E veniamo alle conclusioni che si possono trarre da questo studio. Chi già mangia formaggi non deve cambiare le sue abitudini alimentari, deve solo prediligere, ove possibile, i formaggi d’alpeggio e tutti quei formaggi che sono prodotti con latte di vacca alimentata con fieno di prato polifita. Dopodiché esistono altre buone abitudini che anche noi del Caseificio di Primiero “giriamo” ai nostri affezionati clienti in coerenza con la nostra filosofia del vivere bene con prodotti sani e naturali: 1) consumare pesce almeno una volta alla settimana; 2) consumare spesso verdura a foglia larga (broccoli, spinaci, cavolo cappuccio, bietole ecc.); 3) utilizzare sempre l’olio d’oliva extra vergine al posto degli oli di semi; 4) non esagerare nel consumo di carne; 5) inserire di tanto in tanto nella propria dieta un po’ di semi.

Un ringraziamento speciale al professore Giampaolo Gaiarin tecnico caseario del Consorzio Trentingrana per la preziosa consulenza.

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