Come nasce un mito: il Trentingrana
Ora che siamo già in autunno immaginate di arrivare in Caseificio prima dell’alba e, dopo aver indossato cuffietta e copriscarpe, di affiancarvi ai due casari che si apprestano a eseguire “a regola d’arte” la lavorazione del Trentingrana. Tecnicamente di chiama “processo”, ma noi preferiamo chiamarlo “rito”, perché il risultato è un’autentica meraviglia dell’arte casearia!
Atto primo: quando tutto è ancora liquido
Tutto parte con l’arrivo del latte, che viene versato in grandi vasche dove riposa tutta la notte. Il riposo è solo apparente: mentre infatti la panna affiora gradualmente, la valvola posta alla base delle vasche spilla a tre riprese il latte. Alle 5:30 del mattino nelle vasche è rimasta solo la panna e il latte parzialmente scremato è già tutto nelle caldaie. Da questo momento parte la lavorazione vera e propria. Si comincia scaldando il latte tramite il vapore, immesso in un’apposita intercapedine. Mentre la temperatura sale, il latte viene sottoposto ad agitazione meccanica tramite un lungo palo affondato nel liquido e dotato di rotella finale. Arrivati a 20 °C si aggiunge il sieroinnesto, prodotto direttamente in Caseificio. Dieci minuti dopo, quando la
temperatura è arrivata a 34 °C, si aggiunge il caglio in polvere, appositamente studiato e certificato per la DOP del Trentingrana.
Atto secondo: quando dal liquido si estrae la cagliata
Ora il contenuto della caldaia viene lasciato riposare per dieci minuti perché è in atto la coagulazione. Dopodiché si comincia con il taglio della cagliata. Prima si utilizza uno spino cilindrico manuale, poi si completa con uno strumento meccanico. Per il Trentingrana la cagliata va sminuzzata fino alla dimensione di un chicco di riso. Finito il taglio si passa alla cottura, portando la temperatura a 55 °C, sempre tramite vapore, e riprendendo nel frattempo l’agitatura. Terminata questa fase, si lascia riposare per
un’ora, in modo che il siero faccia il suo lavoro. La cagliata si deposita così sul fondo e si compatta, formando una specie di massa malleabile. Dopo aver estratto il siero che si userà per la lavorazione del giorno successivo, i casari procedono con l’estrazione: uno immerge la pala, la infila sotto la massa e, facendo leva sul bordo e appoggiandosi alla parete opposta della caldaia, la fa emergere in superficie. A questo punto un secondo casaro passa un telo sotto alla pala e aiuta a sollevare. La pala viene sfilata e il sacco così ottenuto viene appeso a un palo messo di traverso. Si lascia sgocciolare per qualche minuto, poi si procede con la gemellatura, cioè con la divisione in due della massa. I blocchi ottenuti vengono messi in due teli di canapa grossa e appesi nuovamente. Dopo cinque minuti vengono rivoltati dentro al telo e si lasciano così per altri cinque minuti.
Atto terzo: quando il formaggio prende forma
Terminata la sgocciolatura, le forme vengono messe nelle fascere tubolari e chiuse con un coperchio, per ottenere una prima sagomatura. Attorno alle fascere c’è un tirante che viene regolato di tanto in tanto, in modo da comprimere per bene la massa ancora molto umida. Dopo circa due ore, si rivolta la forma, si sostituisce il telo di canapa grossa con un telo di lino finissimo e viene inserita la placca di caseina con il codice identificativo. Passate quattro ore si rivolta
nuovamente la forma e si toglie il telo. Altre due ore e si procede con l’applicazione della fascia marchiante, che imprime nella superficie della forma ancora morbida il pattern del logo, il codice della DOP, il mese e l’anno di produzione e il codice del Caseificio. Segue una notte di riposo. La mattina successiva, le forme vengono portate nella sala di salatura. Qui vengono ribaltate e quindi inserite nelle fascere concave d’acciaio. Passano due giorni, durante i quali le forme vengono ribaltate alle ore 12 e alle ore 17. Liberate dalle fascere, le forme vengono quindi tuffate nelle vasche della salamoia, dove restano per 22 giorni. Finita la fase della salamoia vengono messe in camera calda a 27 °C per un giorno intero. E infine vanno nel magazzino di stagionatura.
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